Celiachia in gravidanza: cosa comporta?
La celiachia è l’intolleranza alimentare più diffusa a livello mondiale e a soffrirne sono soprattutto le donne; anche in Italia le donne che soffrono di celiachia sarebbero quasi il doppio degli uomini. Le cause di questa disparità non sono ancora note ma sarebbero da attribuire alla predisposizione degli ormoni femminili nei confronti della caratteristica autoimmune di questa patologia.
Sono più di 280.000 le donne che ancora non sanno di esserlo, ignorando, così, che da questo fattore possono dipendere i loro problemi di fertilità, di endiometriosi, di menopausa precoce, aborti spontanei e osteoporosi dovuti al malassorbimento intestinale di calcio e vitamina D, necessari per rafforzare le ossa. In alcuni casi la celiachia può risultare latente e, quindi, asintomatica ma in grado di causare ugualmente danni al fisico.
I sintomi del malassorbimento del glutine nelle donne sono praticamente uguali a quelli che presentano gli uomini ovvero gonfiore addominale, dissenteria, vomito, costipazione, perdita di peso, dolori articolari, artrite. Alla presenza di questi sintomi è importante effettuare tutte le analisi per diagnosticare una condizione di celiachia, poiché una mancata diagnosi può impedire all’individuo di vivere serenamente la propria quotidianità, oltre che far insorgere altre malattie ad essa collegate.
Uno dei periodi più a rischio nella vita di una donna celiaca è la gravidanza: è riscontrato che nelle donne celiache il rischio di un aborto spontaneo è nove volte maggiore rispetto alle donne non celiache; inoltre, non riuscendo a trasferire un giusto apporto nutritivo al feto, è molto alto il rischio di parto prematuro o che il bambino nasca sotto-peso. Tuttavia questi rischi sono corsi solo da chi non sa di essere intollerante, mentre una paziente a cui è stata diagnosticata la celiachia, può vivere serenamente la sua gravidanza senza rischi con una dieta alimentare (prescritta dal proprio medico) che elimini ogni traccia di glutine a partire da sei mesi prima del concepimento, per annullare la presenza di anticorpi anomali nel sangue.
Dato che le origini dell’intolleranza sono in gran parte ereditarie, i figli con genitori celiaci hanno il 10% di probabilità in più di diventarlo a loro volta. Di norma il bambino comincia ad assumere alimenti contenenti glutine durante il periodo dello svezzamento, tra il sesto ed il dodicesimo mese. All’infante ad alto rischio di ereditarietà può essere ritardata questa introduzione nella sua dieta, in accordo con il medico, per ridurre il rischio di sviluppare questa condizione.
Nell’infante i sintomi di un intolleranza al glutine sono abbastanza evidenti: presenta diarrea cronica, pancia gonfia, inappetenza, irritabilità, astenia, problemi legati alla crescita fisica. Se riscontrate questi sintomi nel bambino, può essere sottoposto, sempre sotto consiglio medico, ad analisi del sangue già allo scadere del sesto mese dalla prima introduzione di glutine nella sua dieta.
La celiachia non si può prevenire né eliminare, bisogna conviverci tutta la vita; per questo motivo è più corretto parlare di “condizione” più che di patologia, ma può essere tenuta sotto controllo con un regime alimentare che escluda i cibi ed i farmaci contenenti glutine per veder sparire ogni effetto collaterale e vivere in salute, senza che questa incida sulla qualità della nostro vita.